Il governo federale ha adottato il messaggio che recepisce la direttiva dell’Unione Europea sulle armi. Lo fa sempre da subordinato, per timore di restare fuori dal mercato e dagli accordi di Schengen/Dublino ritenuti utili per lo scambio di informazioni sul terrorismo internazionale.
Il governo, prevedibilmente, ha attirato su di sé le critiche strumentali di una destra militarista becera che straparla di tradizioni nazionali (fino agli anni ’70 era tradizione nazionale anche non concedere il diritto di voto alle donne, ma per fortuna ce ne siamo liberati!). Se fosse stato un governo serio avrebbe invece promosso da sé, in maniera sovrana e lungimirante, una politica sensata sul tema delle armi e dunque della nostra sicurezza!
Il Partito Comunista, nel febbraio 2011, aveva sostenuto l’iniziativa “per la protezione della violenza perpetrata con le armi” atta a lasciare il Fucile d’Assalto in uso ai militari negli arsenali e non più a domicilio. Il governo poteva adottare ad esempio già allora una tale misura spontaneamente e avrebbe fatto qualcosa di intelligente senza arrivare oggi a dover negoziare con l’UE. Mantenere i FAss in arsenale e evitare magari anche che questi vengano ceduti agli ex-soldati una volta terminato il servizio militare avrebbe evitato almeno in parte tutte queste inutili polemiche.
La direttiva in questione riguarda le armi semiautomatiche dotate di caricatori ad alta capacità di proiettili, la cui diffusione va finalmente limitata. Ci sembra ragionevole, anche alla luce – senza dover scomodare i terribili massacri nelle scuole statunitensi – del numero di suicidi in Svizzera e della presenza di organizzazioni estremiste sul nostro territorio. Sono le armi semiautomatiche con più cartucce, infatti, quelle usate anche dai terroristi. E queste, nel nostro Paese, sono a disposizione di qualsiasi malfattore in ancora molte case, custodite in sgabuzzini o in un armadio in camera da letto: per fortuna lo sono sempre di meno, visto che solo la metà dei giovani porta oggi a termine completamente i propri giorni di servizio militare. Resta tuttavia un problema di ordine pubblico e di sicurezza nazionale che andava celermente affrontato.
Il Partito Comunista ribadisce però quanto segue e invita il governo ad andare oltre:
- durante il servizio militare le armi d’ordinanza devono necessariamente restare in caserma o in arsenale e non portate a domicilio.
- Al termine del servizio militare le armi vanno restituite all’esercito. Chi fa tiro sportivo non avrà problemi a procurarsi l’aggeggio in maniera strettamente controllata, iscrivendolo in un registro federale e attraverso società di tiro. E, visto che parliamo di armi da fuoco e non di palloni da calcio, la supervisione delle autorità federali anche su tali società private va sempre garantito.
- Allestimento di un registro federale delle armi, per garantire un controllo più capillare e meno frammentato delle armi in circolazione.
- Introduzione della prova di necessità e delle capacità per la detenzione di armi, per scongiurare un abuso nell’utilizzo delle armi da fuoco.