Le raccomandazioni (peraltro nemmeno vincolanti!) emerse dal gruppo di lavoro sul servizio postale universale – privo vergognosamente di una rappresentanza di lavoratori e utenti – istituito per volontà del governo federale e in particolare della ministra Doris Leuthard, non sono altro che zuccherini per addolcire una medicina velenosa. Si tratta insomma di misure atte a illudere la cittadinanza e smorzare così il sentimento di indignazione popolare per il continuo smantellamento del servizio pubblico.
Il gruppo di lavoro, di fatto, pur usando concetti apparentemente positivi come l’auspicio di una maggiore comunicazione fra la Posta e gli enti locali o quello di una raggiungibilità di punti di accesso postali ogni 15mila abitanti, lascia in realtà carta bianca ai manager per agire come meglio credono e ammette, pur senza dirlo, che la ditta è di fatto privatizzata benché il capitale resti per ora pubblico. Tutto il resto: obiettivi aziendali, metodi di lavoro, ecc. sono quelli tipici di un’azienda privata che deve solo ricercare il massimo profitto licenziando, esternalizzando e chiudendo sportelli.
Ci si nasconde dietro le belle parole: il criterio della densità della rete postale con un punto di accesso ogni 15mila abitanti sarà garantito di fatto quasi solo dalle agenzie, il che giustificherà la chiusura degli uffici postali restanti. Il principio della raggiungibilità in 20 minuti di uno sportello per i pagamenti comprende in realtà il servizio a domicilio (utile solo a chi potrà permettersi di organizzarsi in funzione di quando arriverà il postino) che porterà anch’esso alla fine di altri uffici postali. Insomma non c’è alcuna proposta strutturale che voglia davvero incidere nella politica aziendale del gigante giallo!
D’altronde, poche settimane fa, il Tribunale amministrativo federale ha stabilito che la Posta non deve rendere conto praticamente a nessuno e quindi continuerà a umiliare il servizio pubblico del nostro Paese. E di fronte a questo scandalo non si può continuare con le petizioni che poi finiscono in un cassetto, ma bisogna andare a colpire alle radici del problema. 20 anni fa con la riforma delle PTT è stato distrutto un settore strategico dell’economia nazionale che dobbiamo ora recuperare!
Il Partito Comunista ribadisce quindi la necessità di nazionalizzare la Posta, riprendere sotto il controllo pubblico i settori redditizi esternalizzati, licenziare i manager che hanno diretto questo gioco al massacro contro gli interessi dei cittadini, dei lavoratori e della stessa Confederazione. Ci auguriamo che tutti i partiti in Gran Consiglio sosterranno quindi l’iniziativa cantonale per il ripristino della regia federale della Posta depositata dal deputato del Partito Comunista Massimiliano Ay.
La Posta non può fare quello che vuole. Lo Stato intervenga!