Vengo da una valle alpina dove i contadini sono ancora una parte importante della popolazione, spesso allevatori che vendono sottocosto il frutto del proprio lavoro. Il magro ricavo a fronte degli elevati costi d’investimento ha portato diverse aziende all’indebitamento.
L’agricoltura alpina è confrontata con la frammentazione dei terreni, i tempi parziali, l’invecchiamento dei capi azienda, la composizione delle famiglie moderne. Si sta assistendo all’abbandono e al rimboschimento di molte zone alpine, un tempo pascoli e prati, e in tutto ciò hanno avuto un loro ruolo certe politiche federali miopi nei confronti della ricchezza del paesaggio svizzero.
L’agricoltura alpina è però fatta anche di passione e impegno per gestire parcelle disseminate sulle montagne, per mantenere l’azienda agricola come un’attività accessoria, per continuare a produrre cibo in maniera tradizionale.
L’iniziativa popolare per la sovranità alimentare avrà degli effetti importanti e concreti per arginare i fenomeni citati, riportando l’equilibrio in un settore che ha subito molti cambiamenti e indicando una strada sostenibile per il produttore e il consumatore. Bisogna riformulare le priorità dell’agricoltura svizzera, peculiare e diversa da quella europea e mondiale. Dobbiamo ricordarci che ogni territorio ha un valore, che i prodotti di ogni regione hanno un valore e che il lavoro degli agricoltori ha un grandissimo valore. Valore che non viene pagato correttamente.
L’identità del nostro paese è custodita anche negli scambi tipici della ruralità, come quello di sementi, il cui accesso deve essere libero e per tutti, contro i meccanismi che si trovano dietro agli oganismi geneticamente modificati (OGM), dove la multinazionale Monsanto controlla il 90% del mercato mondiale dei semi transgenici. Dobbiamo opporci a simili concentrazioni di potere nei confronti della produzione agricola, non una semplice merce ma il sostentamento dell’essere umano.
Mettendo la sovranità alimentare nella Costituzione federale, tutti i livelli della politica non potranno restare indifferenti a progetti come il caseificio di una valle alpina, la presenza decentralizzata dei centri di ricerca Agroscope, forme di organizzazione diverse tra consumatori e produttori. Inoltre rivitalizzare il settore primario grazie alla sovranità alimentare ha sicuramente un’influenza sul turismo e sull’indotto economico d’intere regioni.
Con un Sì il prossimo 23 settembre si dà una chiara direzione all’agricoltura svizzera verso uno sviluppo economico omogeneo senza concorrenza tra regioni di montagna e di pianura, dove l’agricoltore può riacquistare la propria dignità in quanto attore essenziale dell’economia, al pari del trasformatore e del distributore.
Per tutti questi motivi sostenere l’iniziativa per la sovranità alimentare significa dare una chance commerciale alla produzione locale delle regioni di periferia, là dove si trovano le ricette e le pratiche tradizionali, i sapori caratteristici e la genuinità che possono costituire un’alimentazione sana per la popolazione svizzera.