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Il 22 novembre di 30 anni fa scoppiò nel nostro Paese il cosiddetto “Fichenaffäre”. Lo scandalo delle schedature che portò alla luce poco meno di un milione di dossier elaborati dalla Polizia politica svizzera (sì, la polizia politica esiste anche qui, non solo nella ex-DDR!): quasi un cittadino svizzero su sette era spiato!

Occorre che questa pagina buia della nostra storia nazionale sia non solo ricordata ma studiata seriamente a scuola, anche come antidoto sia alle tesi patriottarde che vengono trasmesse alle nuove generazioni negando il conflitto di classe e idealizzando il sistema istituzionale svizzero; sia l’intolleranza politica di cui i comunisti sono ancora oggi vittima.

Comunisti, militanti di sinistra e pacifisti, renitenti alla leva militare e persone critiche verso il nucleare, ecc. furono tutti spiati e schedati dalla Polizia politica svizzera per decenni. I militanti più anziani del nostro Partito ne conservano ancora le prove: la loro amarezza sta anzitutto nel fatto che mai i comunisti svizzeri hanno ceduto a impostazioni eversive, e sempre hanno difeso i diritti costituzionali e la neutralità, eppure sono stati considerati nemici proprio da chi a parole doveva difendere l’indipendenza del Paese e che invece la svendeva alla NATO e  alle organizzazioni “stay behind” a guida nordamericana.

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