La decisione del Consiglio Nazionale relativa al prolungamento fino al 2023 della missione militare Swisscoy nella regione serba del Kosovo e l’aumento degli effettivi da 165 a 195 militari è gravissima e lesiva della nostra neutralità: non solo questa missione si svolge sotto l’egida della NATO, un’alleanza (che non è più di difesa nemmeno sulla carta) di cui la Confederazione non è membro, ma rappresenta una forma di occupazione di un territorio di uno Stato estero sovrano che non ha chiesto il nostro intervento.
La NATO, infatti, sta occupando militarmente il Kosovo, un territorio conteso fra le forze secessioniste filo-atlantiche di Pristina – supportate dagli USA e dall’UE – e la Repubblica di Serbia che rivendica legittimamente la propria integrità territoriale. Il processo secessionistico che ha portato alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo nel 2008 resta infatti un atto unilaterale, riconosciuto solo da una parte della Comunità Internazionale.
Il Partito Comunista deplora in modo inequivocabile la decisione di Berna, che rappresenta l’ennesima dimostrazione di come il nostro Paese si stia chinando senza ritegno ai diktat degli Stati Uniti e dell’Unione Europea anche in ambito militare. E in questo senso non è condivisibile la linea adottata dal Partito Socialista Svizzero che, oltre a seguire i diktat delle organizzazioni separatiste kosovare, denota un pericoloso genuflettersi alle pressioni dello Stato Maggiore Generale dell’Esercito.
Il Partito Comunista – solidarizzando invece con il Movimento dei Socialisti serbo presieduto dal ministro della difesa di Belgrado Aleksandar Vulin e con il Partito Comunista di Serbia presieduto dal deputato Josip Joska Broz – conformemente peraltro alla risoluzione del 21° Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (IMCWP) svoltosi nel novembre 2019 – rivendica la fine della missione di occupazione militare in Kosovo e, in particolare, l’immediato ritorno in patria di tutti i militari svizzeri: non solo è intollerabile che i nostri soldati obbediscano alla NATO, ma questa operazione di occupazione di un territorio conteso non risponde in alcun modo a un presunto ruolo di difesa della nostra neutralità e indipendenza, cui sarebbero invece (teoricamente) chiamate le nostre forze armate.