Le relazioni fra Svizzera e Cina sono storicamente di un buon livello. E ciò sia dal lato diplomatico (il cui riconoscimento è avvenuto nel 1950, pochi mesi dopo la proclamazione della Repubblica Popolare da parte del Partito Comunista Cinese) sia da quello economico con il primo volo occidentale verso la Cina garantito dall’allora compagnia di bandiera Swissair e con il primo hotel occidentale a Pechino gestito dal gruppo svizzero Zimmerman. A tutto ciò, in tempi più recenti, si è arrivati a un accordo di libero scambio che permette alla Svizzera di diversificare i propri sbocchi e i propri partner economici, così da non più dipendere esclusivamente dagli USA e dall’UE.
Ma gli scambi non sono solo legati al business: essi riguardano la cultura, la ricerca accademica (pensiamo all’Istituto Confucio all’Università di Ginevra), la politica: non solo il nostro Partito ha costruito relazioni con il Partito Comunista Cinese, ma anche la destra, a partire dall’UDC. Non è un caso che la rivista “Weltwoche” vicina al partito nazionalista abbia ospitato regolarmente una rubrica di cui era titolare l’ambasciatore cinese presso la Confederazione).
Ieri il nostro ministro degli esteri Ignazio Cassis si è però lasciato andare a pesanti dichiarazioni, forse solo per ossequiare ai desiderata dell’Amministrazione di Washington. Non vediamo per quale motivo Cassis debba fare le veci della Casa Bianca nella sua “guerra fredda” contro la Cina: è una disputa, questa, in cui dovremmo far emergere solo la nostra neutralità!
Affermare, come ha fatto Cassis, che negli ultimi mesi “la Cina è cambiata”, che vi sarebbe una “situazione sempre più precaria dei diritti dell’uomo” e addirittura che la Cina comprometterebbe gli interessi delle aziende svizzere a Hong Kong rischia di avere ripercussioni sul piano diplomatico, politico ed economico. E ciò a tutto svantaggio dei medesimi interessi nazionali della Confederazione che Cassis è chiamato a tutelare.
Non ci risulta nulla di quanto affermato dal titolare del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE): al contrario le riforme di apertura economica non si sono affatto arretrate permettendo addirittura ai privati esteri di controllare pacchetti azionari maggioritari nelle banche cinesi; non ci risultano passi indietro nemmeno per quanto riguarda i diritti umani, la cui situazione è pure migliorata, non solo con l’approvazione del Codice civile, ma anche estendendo l’accessibilità all’assistenza sanitaria ad esempio ai lavoratori migranti. Infine, terminata l’occupazione coloniale britannica, Hong Kong è tornata sotto giurisdizione cinese secondo il diritto internazionale e non ci risulta che Pechino stia ostacolando i capitalisti svizzeri presenti in loco, purché naturalmente rispettino la legge ed evitino di fare affari con gli imprenditori cinesi corrotti che ancora pochi mesi fa si rifugiavano a Hong Kong per evitare di essere tradotti davanti alla giustizia.
Non è la prima volta che Cassis mette in imbarazzo il corpo diplomatico svizzero sul campo, quello che dopo le gaffe del suo capo, poi deve provare a riaggiustare i rapporti con i paesi emergenti. Ricordiamo che Cassis si è schierato prima contro la Palestina a favore dell’espansionismo israeliano, poi – dando prova di una ingerenza alquanto rozza – invitando addirittura i cittadini di un paese sovrano, il Venezuela, a boicottarne le elezioni e infine non ha ritenuto necessario attivarsi quando PostFinance decise di sottomettersi alle leggi degli USA impedendo ai cittadini svizzeri residenti a Cuba di accedere ai propri conti correnti.
Ora Cassis afferma di voler rafforzare “il sistema multilaterale”. Questo sarà però un’illusione se si entra in conflitto con la Cina, che del multipolarismo è proprio l’emblema. I vantaggi per il nostro Paese derivanti dal progetto di Nuova Via della Seta (OBOR) non sono acquisiti una volta per sempre. Invitiamo quindi la diplomazia svizzera a ritrovare la propria funzione e la propria tradizione di neutralità e cooperazione pacifica. In caso contrario la Svizzera è destinata a sottomettersi alle esigenze del solo mercato atlantico: e non è un caso che il Consigliere federale Cassis insista nel voler trovare un compromesso con l’UE per il pessimo “accordo quadro” con cui non solo i diritti sociali ma la nostra stessa sovranità saranno messi in grave pericolo.