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Sebbene l’Associazione Industrie Ticinesi (AITI) punti il dito sul contagio nelle famiglie, la diffusione del virus avviene nel tempo di lavoro, dove i lavoratori e le lavoratrici passano più di 8,5 ore prima di rientrare a casa e trasmettere il virus ai propri familiari. E non caso persino il sindacato cristiano-sociale OCST ha segnalato minacce di licenziamento in caso di quarantena e il sindacato UNIA chiede la riduzione netta delle attività produttive, preso atto anche che la SUVA non riesce a vigilare gli oltre 200’000 posti di lavoro in Ticino a causa della mancanza di ispettori che possano controllare se i piani sanitari sono applicati nel modo adeguato dal padronato.

La sicurezza sanitaria è completamente lasciata ai privati, o al buon cuore dei tycoon che devolvono un milione alla clinica privata Moncucco in totale affanno. Si cercano infermieri avventizi pagati a ore per completare l’organico del personale sanitario degli ospedali pubblici ma non si sono apportate, dalla prima ondata ad oggi, le misure strutturali necessarie per evitare il collasso del sistema ospedaliero.

Il Partito Comunista chiede al Consiglio di Stato di riprendere in mano la situazione:

  1. inasprire i controlli sulle aziende con sanzioni a chi mette a rischio la salute delle lavoratrici e dei lavoratori;
  2. decongestionare il trasporto pubblico come richiesto dal sindacato degli studenti, aumentando le corse e, se necessario, requisendo i torpedoni attualmente inutilizzati delle aziende di trasporto private;
  3. porre il personale infermieristico e le risorse materiali delle cliniche private sotto controllo dell’ente pubblico fino al termine dell’emergenza sanitaria, così come avvenuto nel Canton Neuchâtel, ma anche in Spagna, ecc.
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