Il primo disavanzo dopo tre anni di cifre nere non spaventa il Partito Comunista. La contabilità da buona massaia, con tutto il rispetto per questa figura, operata dal governo ha dimostrato tutti i suoi limiti e si sgretola al momento della verità. Facevamo sicuramente a meno di doverne avere la prova definitiva con una crisi sanitaria così lunga e pervasiva. Ma tant’è speriamo possa convincere gli ultimi fedeli sostenitori e sostenitrici del freno al disavanzo che lo Stato non è un’azienda, non esperisce il suo mandato in una corretta gestione corrente bensì deve intervenire massicciamente contro le diseguaglianze generate dal mercato, non deve lasciar indietro una parte della popolazione, deve offrire le condizioni per realizzarsi a pieno come essere umano ad ogni giovane del nostro Cantone, deve anticipare l’evenienza delle crisi con sufficienti e prestanti strutture finanziarie, sanitarie, educative, produttive. Non solo il vincolo di disavanzo deve essere sospeso nel 2021, ma almeno fino a fine legislatura, se non addirittura abolito. Dirò di più: il debito che stiamo contraendo è necessario per uscire dalla crisi sanitaria che stiamo vivendo e non devono pagarlo i più deboli, anzi non vi è fretta alcuna di estinguerlo con i bassi tassi d’interesse che contraddistinguono gli ultimi anni, una situazione che Olivier Blanchard, già alla testa del FMI, prevede rimanga tale per almeno ancora un decennio ed è ancora lui che in un’intervista di ottobre afferma l’insensatezza delle regole di Maastricht che un po’ supinamente anche il nostro paese ha assimilato. Mi piace però di più ascoltare la buona massaia, che quando contrae un prestito per costruire la casa di proprietà, non mette in allarme i figli ricordandogli ogni giorno che saranno loro a doverlo ripagare. Non funziona così. I figli anzi saranno beneficiari di una casa di proprietà che rappresenta un patrimonio spendibile in ogni momento della vita. Lo stesso vale per l’ipoteca, anche qui la buona massaia non comincerà ad assumere antidepressivi perché teme possa rivelarsi una spada di Damocle sulla testa della prole, al contrario grazie a questo debito potrà farli studiare. Chi si fa promotore di una politica d’austerità per far rientrare in tempi brevi il debito pubblico non sta sicuramente dalla parte della buona massaia bensì sta con il capitale che si approfitta della pandemia e delle sue conseguenze economiche.
Due temi andrebbero affrontati in modo urgente: la politica dell’alloggio e la tassa dei milionari o patrimoniale di solidarietà o tassa covid, chiamatela come volete ma non esitiamo a prelevare i soldi là dove ci sono. Nel dicembre di un anno fa questo parlamento ha approvato un credito di 900mila franchi per la costruzione e la manutenzione di alloggi per persone senza fissa dimora. Importante, certamente, e che andava anche a rispondere a una sollecitazione del Partito Comunista relativa al progetto di Casa Marta a Bellinzona, ma riteniamo che sulla problematica dell’alloggio occorra intervenire con più celerità e maggiore incisività, non solo nei casi di persone senza fissa dimora, ma anche per il problema di alloggi popolari e della lotta allo sfitto. Lo Stato non può lavarsene le mani nascondendosi dietro al fatto di non voler intervenire nel libero mercato: in tal senso è pendente una mozione del Partito Comunista che mira a introdurre nella legge un obbligo di affitto a pigione moderata per quegli appartamenti che restano sfitti per oltre un anno con intenti evidentemente speculativi.
Il rischio che individuiamo sin d’ora, il cui eco già risuona in questi preventivi e nelle dichiarazioni rilasciate al riguardo, è l’ipermoralità e la violenza della logica che soggiace al debito.
Alla presentazione dei preventivi ai media il governo ha messo le mani avanti, sottolineando che “gli effetti della pandemia si faranno probabilmente sentire per anni”, il Ministro Vitta in quest’aula ha già ripetuto il mantra del pensiero dominante ultraliberista: “non dobbiamo indebitare le generazioni future”. Per carità, può suonare bene ma dietro a queste parole c’è un preciso disegno per il futuro delle prossime generazioni fatto di tagli al sociale e quindi un futuro ingiusto, in cui il divario tra ricchi e poveri aumenta, l’accesso agli studi, ai ruoli di potere, alle istituzioni diventa sempre più elitario, il precariato, la disoccupazione, l’emigrazione, fasi della vita della maggior parte della popolazione. Ogni volta che sull’altare del debito pubblico si taglia con politiche di austerità sul servizio pubblico e non si permette la redistribuzione della ricchezza, si cancella il futuro di tanti giovani, di tante famiglie. Queste sofferenze che ci attendiamo nei prossimi mesi vanno solo ad aggiungersi alla morte di 10 persone al giorno nel nostro Cantone per un virus che conosciamo, contro il quale sappiamo difenderci ma dove invece riscontriamo che l’economia ticinese non vuole fare niente per un proprio mero tornaconto e una pietosa dimostrazione di forza e cecità.