L’11 maggio 2020, la sezione vodese di Sciopero per il Clima (SpC) aveva pubblicato una lettera aperta indirizzata al Consiglio federale, nella quale invitava a boicottare per responsabilità sociale ed ambientale l’apparato militare elvetico rifiutando di effettuare servizio militare e di pagare la tassa d’esenzione. Di conseguenza, la polizia ha perquisito la casa di quattro attivisti di SpC, che sono poi stati portati in centrale e sottoposti a un interrogatorio durato diverse ore.
Una tale reazione da parte delle autorità è vergognosa. Non è affatto accettabile che la polizia intervenga in tal modo per una lettera in cui si contesta l’esercito che inquina e si esprime l’intenzione di non pagare la tassa militare. Questo atto di repressione è puramente di natura politica e lede la libertà di espressione. Dagli attivisti, che hanno semplicemente pubblicato una lettera indirizzata al governo, non è infatti stato commesso alcun reale perturbamento degli obblighi militari. È dunque grave che la polizia si sia mossa nonostante persino il Consiglio federale non abbia ritenuto che fosse necessario dar seguito alla questione. Ci troviamo insomma di fronte a un clima di stato di polizia che va assolutamente fermato. Tramite questi atteggiamenti repressivi (che con l’approvazione della legge sul terrorismo il prossimo 13 giugno diverranno la norma: i partiti borghesi promuovono insomma la repressione del dissenso) si vuole provare a intimidire chi contesta la politica militare svizzera al servizio della NATO e chi aiuta le reclute a sottrarsi dall’indottrinamento militarista e dal nonnismo che si respira nelle caserme.
La Gioventù Comunista (GC) coglie inoltre l’occasione per sottolineare la natura anti-sociale dell’apparato militare svizzero, che oltretutto inquina in una maniera esorbitante. L’invito della GC è dunque quello di rifiutare di effettuare il servizio militare e di preferire il Servizio civile, alternativa ben più utile, sociale e a tutela dell’ambiente.