Lo scorso mese di aprile si è svolto un simposio internazionale sul nuovo ordine geopolitico multipolare promosso dal Dipartimento delle relazioni internazionale del Partito Vatan di Turchia e a cui hanno assistito una sessantina di partiti e istituzioni e hanno preso la parola una quarantina di relatori. Il nostro Partito era la sola organizzazione svizzera invitata. Di fronte alla crisi irreversibile del sistema neoliberale progettato per consolidare l’egemonia statunitense, nella lettera di convocazione si poteva leggere: «Il mondo è ora alla ricerca di un nuovo ordine basato sulla giustizia e l’equità. Questa ricerca non si limita solo alle nazioni oppresse e in via di sviluppo, che costituiscono il principale bersaglio dei diktat del sistema imperialista, ma riguarda anche i paesi capitalisti sviluppati diversi dagli Stati Uniti, anch’essi sottoposti all’egemonia americana». La pandemia in corso ha dimostrato l’importanza della cooperazione internazionale basata sul mutuo beneficio e sull’uguaglianza, da qui la necessità di coordinarsi.
L’evento si è aperto con un saluto di Dogu Perinçek, leader della corrente filo-cinese della sinistra rivoluzionaria turca, che ha spiegato che ci troviamo nell’epoca delle rivoluzioni nazional-democratiche, che saranno patriottiche ma non chiuse entro i confini nazionali, e che con esse si aprono nuove prospettive per il socialismo. Dopo Perinçek, e non a caso, hanno preso la parola Zheng Dongchao in rappresentanza del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese e Lu Baolin dell’Università di Fujian: quest’ultimo in particolare ha analizzato le caratteristiche dell’attuale fase storica rinnovando la teoria leninista dell’imperialismo.
Fra i relatori vi erano diplomatici come Michel Raimbaud, già ambasciatore francese in vari paesi mediorientali; giornalisti come Fabrizio Verde, direttore del portale di informazione italiano L’Antidiplomatico; analisti geopolitici come il vietnamita Mai Buixuan; e accademici come l’iraniano Fuhan Izadi, professore all’Università di Tehran e l’algerino Smail Debeche, ricercatore dell’Università di Algeri. Fra i politici hanno invece preso la parola il senatore pakistano Mushaid Hussain Sayed, i compagni Massimiliano Ay, segretario politico del nostro Partito e Zeno Casella in rappresentanza della Gioventù Comunista Svizzera, ma anche Sabbah Ali Colince, esponente del Partito dei Lavoratori del Bangladesh; Abdullah Abdullah dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina; Micaela Ovelar, esponente del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), ecc.
I delegati del nostro Partito si sono concentrati nelle loro relazioni sul ruolo che la Svizzera può avere nella nuova geopolitica multipolare: mentre Casella ha parlato della neutralità svizzera come potenziale strumento a favore della pace e contro l’imperialismo euro-americano invitando a stare attenti alle nuove generazioni, Ay ha parlato della frattura interna alla borghesia svizzera nel relazionarsi con l’area euroasiatica piuttosto che col campo atlantico e ha invitato a una maggiore solidarietà internazionalista per contrastare la sinofobia dilagante.