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La decisione adottata la scorsa settimana dal Consiglio federale circa l’estensione del Certificato COVID sta suscitanto molto dibattito nel Paese dividendo orizzontalmente la popolazione in modo a nostro avviso preoccupante. E ciò, soprattutto da quando è risultato chiaro che tale certificato diventa necessario addirittura per frequentare i corsi universitari. A tal proposito segnaliamo la posizione espressa dal Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) che si oppone a questa misura in quanto lesiva del “diritto allo studio e l’universalità dell’accesso all’istruzione” poiché essa di fatto impone “le lezioni a distanza tanto a coloro che hanno deciso coscientemente di non vaccinarsi quanto a coloro che non hanno ancora deciso se sottoporsi alla vaccinazione. Ci si trova pertanto in una situazione senza precedenti, che creerebbe degli studenti di serie A – che possono frequentare le lezioni in presenza – e di serie B – che saranno obbligati a frequentare le lezioni a distanza”. La Conférence Universitaire des Associations d’Etudiants (CUAE), il sindacato studentesco di Gineva, ha sottolineato come “dover sacrificare il libero accesso all’educazione e all’informazione per contenere la circolazione del virus è scioccante e rivoltante”.

Il Partito Comunista aveva contestato la decisione del Consiglio federale di non garantire più la gratuità dei test per il COVID-19 a partire dal 1° ottobre come una misura di fatto anti-sociale che va a colpire uno strumento utile ad arginare la trasmissibilità del virus, auspicando che tutti gli strumenti sanitari atti a contenere il virus venissero garantiti gratuitamentei. Il sindacato studentesco conferma che “ad aggravare la situazione troviamo la decisione di sospendere la gratuità del test rapido antigenico, riducendo di fatto l’accessibilità a questo Certificato e creando una pericolosa discriminazione tra chi può e chi non può permettersi il test” e rivendica che “nelle università vengano svolti regolarmente dei test di massa, salivari e campionati. In alternativa, si mantengano gratuiti i test rapidi antigienici e si allestiscano dei capannoni per testarsi al rientro dal weekend all’entrata delle università! Non possiamo tollerare che si definiscano degli studenti di serie A e di serie B sulla base di una distinzione sanitaria (che peraltro non sottostà a nessun obbligo di legge): studiare è un diritto fondamentale di ogni cittadino, le autorità devono mettere a disposizione tutti gli strumenti per garantirlo anche in tempo di pandemia!”

Abbiamo preso atto che a partire dall’inizio dell’anno accademico, settimana prossima, i test salivari rimarranno gratuiti per gli studenti dell’Università di Ginevra (Unige), delle Università di Scienze Applicate (HES) e dell’Istituto di Alti Studi Internazionali (IHEID). Si tratta di una misura adottata sul piano cantonale (fra l’altro recepita anche dalle autorità del Canton Vaud), frutto di un accordo fra l’Ufficio del medico cantonale ginevrino e i centri accademici citati, sotto l’egida del Consiglio di Stato del Canton Ginevra.

Alla luce di ciò, con questa interpellanza la cui urgenza è dettata dall’imminente inizio dell’anno accademico, chiediamo al Consiglio di Stato del Canton Ticino come valuta la possibilità di attivarsi con la SUPSI (ed ev. con l’USI) per adottare le stesse misure dei cantoni di Ginevra e Vaud?

Massimiliano Ay e Lea Ferrari, deputati del Partito Comunista

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