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Il Comitato Centrale del Partito Comunista si è riunito nuovamente a Locarno la scorsa settimana: dopo aver risolto alcune incombenze amministrative relative alla convocazione del prossimo XXIV Congresso del Partito previsto per fine novembre, si è principalmente concentrato sui nuovi risvolti politici e sociali che la pandemia da Coronavirus sta continunando a produrre nel Paese.

Da Lisbona a Madrid per rafforzare le nostre relazioni internazionali

Prima di questa trattanda, però, il compagno Zeno Casella è stato incaricato di tirare un bilancio politico della nostra partecipazione alla “Festa do Avante” nei pressi di Lisbona su invito del Partito Comunista Portoghese (PCP). E’ stata l’occasione per rinsaldare relazioni con altri partiti operai e di sinistra e per conoscerne di nuovi. In modo particolare vi sono state riunioni, oltre che con il PCP, con cui vi è una ampia convergenza di analisi e di approccio metodologico, anche con il Partito Comunista Italiano, il Partito Comunista dei Popoli di Spagna, il Partito Comunista della Bielorussia, il Polo della Rinascita Comunista in Francia, il Partito Comunista Tedesco, ecc. oltre a momenti informali con il segretario del Partito della Rifondazione Comunista Maurizio Acerbo ed esponenti di organizzazione giovanili, giornalisti di testate vietnamite e diplomatici della Repubblica Popolare Democratica del Laos. Casella ha sottolineato in particolare come i compagni portoghesi abbiano dimostrato grande disponibilità e professionalità nel riappropriarsi degli spazi di vita sociale e di espressione dei diritti fondamentali ridotti dalla pandemia, aspetti sui cui ha insistito anche il compagno Jeronimo de Sousa, segretario generale del PCP, nel suo comizio conclusivo. Sempre per quanto riguarda la politica estera, il Comitato Centrale ha preso atto dell’invito a partecipare alla Festa per i 100 anni del Partito Comunista di Spagna (PCE) a Madrid: è la prima volta che ci è data questa possibilità, a dimostrazione del prestigio che il nostro Partito sta riscontrando anche sul piano europeo: viene quindi delegato il compagno Samuel Iembo a rappresentarci.

Discussione sull’estensione del Certificato COVID

Dopo questi punti all’ordine del giorno, i membri del Comitato Centrale sono stati chiamati a confrontarsi con il piatto forte della seduta: una bozza di risoluzione politica intitolata “Il Certificato COVID non diventi uno strumento politico che divide i lavoratori!” presentata da alcuni compagni che lamentavano un certo ritardo del Partito nel leggere l’uso – ritenuto politico più che sanitario – del concetto di “emergenza”. La bozza, che contestava la decisione del Consiglio federale di estendere il cosiddetto “Certificato COVID” (noto come “greenpass” in altri paesi), è stata anzitutto posta in consultazione per oltre una settimana fra gli iscritti al Partito. Il Comitato Centrale era quindi chiamato nel complesso compito di trovare una sintesi che fosse politicamente all’altezza di quanto emerso dalla base. Nell’aprire il dibattito è stato espresso anzitutto soddisfazione per l’ampia partecipazione democratica che si è tradotta in un verbale di quasi una ventina di pagine contenente le varie opinioni che tutti i membri del Comitato Centrale hanno poi potuto studiare prima di riunirsi. Dopo circa cinque ore di discussione ordinata e franca, in cui sono stati presentati, discussi e votati ben una dozzina di emendamenti al testo iniziale, il parlamentino del Partito ha accolto la risoluzione emendata che viene pubblicata qui.

Nell’ambito della discussione si è preso conoscenza anche delle prese di posizione del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) e della Confederazione delle Associazioni Studentesche dell’Università di Ginevra (CUAE). Fra gli argomenti emersi più volte nel dibattito interno al Comitato Centrale vi è la preoccupazione per una polarizzazione sempre più forte nella società e la responsabilità del governo nel fomentare il caos con approcci incoerenti a dimostrazione del fallimento della società neo-liberale sia nel garantire la salute pubblica sia nel conquistare la fiducia della popolazione. La tenuta democratica delle istituzioni è pure stata analizzata giungendo alla conclusione che non si deve, almeno a sinistra e sicuramente noi comunisti, aizzare un conflitto “orizzontale” fra i lavoratori seguendo il sensazionalismo di alcuni media.

Il compagno Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista, ha concluso in questi termini: “c’è un clima negativo (e la sinistra non ne è immune) volto a fomentare la divisione orizzontale del Paese. Non si tratta di un conflitto verticale, tipicamente di classe, come sarebbe naturale nel capitalismo, ma una polarizzazione fra lavoratori, una nuova guerra fra poveri, un atteggiamento quasi censitario (i ‘colti’ da un lato, gli ‘ignoranti’ dall’altro e questi ultimi – secondo alcuni – non meriterebbero il diritto di voto e nemmeno le cure ospedaliere) e questo Certificato COVID, applicato in questa maniera, rischia di creare dei precedenti e di fatto approfondire dinamiche sociali che dubito avranno sbocchi progressivi e democratici. Il Partito Comunista – che anche con atti parlamentari – difende la campagna vaccinale vuole però anzitutto costruire un’unità popolare sulle priorità vere, che ad esempio è quella di rafforzare la sanità pubblica, di diminuire la dipendenza dall’estero e di abolire i numerus clausus, nonché istituire una cassa malati unica e pubblica con premi proporzionali al reddito”.

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