Share this page to Telegram

“Preservare e innovare il marxismo nel 21° secolo”: questo il titolo del 12° World Socialism Forum convocato in formato ibrido dall’Accademia Cinese delle Scienze Sociali (CASS) e a cui per la Svizzera è stato invitato per la prima volta il nostro Partito alla presenza del compagno Massimiliano Ay, segretario politico e del compagno Gionata Genazzi, membro del Comitato Centrale.

Numerosi i relatori intervenuti, perlopiù cinesi, ma anche alcuni di Europa e America latina come il compagno Egon Krenz, già segretario generale della SED, il Partito Socialista Unitario al governo fino al 1989 nella ex-DDR, il compagno Vladimiro Giacché, già dirigente dell’ex-Partito dei Comunisti Italiani; il compagno Carlos Miguel Pereira, ambasciatore di Cuba a Pechino e Dimitri Novikov, vice-presidente del Partito Comunista della Federazione Russa.

La sinizzazione del marxismo

Se il compagno Guo Yazhou, vice-responsabile del Dipartimento delle relazioni internazionali del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC), ha ammesso che sul piano mondiale il socialismo si trovi ancora in una situazione di debolezza rispetto al capitalismo, garantendo tuttavia l’impegno del PCC a restare nel solco del marxismo, il vice-presidente del CASS, il compagno Gao Xiang, ribadendo il rifiuto cinese al militarismo e all’egemonismo, ha insistito sulla nuova tappa intrapresa nel processo di “sinizzazione” del marxismo grazie agli apporti anche sul piano teorico dell’attuale presidente cinese Xi Jinping. Anche il compagno Li Wentang, insegnante alla Scuola quadri del PCC, ha insistito non solo sulla fine dell’eurocentrismo nell’ideologia marxista, ma ha spiegato che con i paradigmi della politologia accademica occidentale è impossibile capire il ruolo morale ed educatore del Partito Comunista Cinese.

Essere modelli di se stessi

Il compagno Li Shenming, direttore del World Socialism Research Center, ha spiegato – ricordando Mao Zedong – che “il marxismo-leninismo è uno solo, ma ciascun paese è diverso e quindi va creata una propria teoria”: un aspetto che anche il 24° Congresso del nostro Partito da poco conclusosi a Bellinzona ha voluto esprimere con il concetto di “essere modello di noi stessi”. Sempre il compagno Li ha affermato che la linea del PCC è di combinare in forma organica e dialettica la preservazione del marxismo con l’innovazione dello stesso: se non c’è equilibrio fra queste due tendenze si cade nel dogmatismo da un lato o nel pragmatismo dall’altro.

No all’egemonismo, sì al beneficio mutuo

Il compagno Jiang Hui, direttore dell’Istituto di Marxismo del CASS, ha sottolineato che in Oriente si sta sviluppando una nuova civiltà, che ciò è un fatto inevitabile dal punto di vista macro-storico e che il ruolo del Partito Comunista resterà determinante. Sulla stessa linea d’onda il compagno Chen Li, direttore dell’Istituto per la storia e la letteratura di Partito, che ha espresso la convinzione che la crescita economica della Repubblica Popolare vada continuamente vincolata alla lotta per la pace sul piano globale, e che ciò è possibile solo con la cooperazione a beneficio mutuo: molti sono infatti i paesi poveri che si emancipano dalla miseria proprio grazie all’impetuoso sviluppo cinese.

Ci vuole più sovranità intellettuale e tecnologica

Per quanto riguarda i relatori non cinesi, si sottolinea come il compagno Krenz abbia chiarito che le illusioni della riunificazione tedesca si sono vanificate: il Muro di Berlino esisterebbe ancora oggi analizzando la situazione sociale in cui versano i cittadini dell’Ovest e dell’Est della Germania. L’accademico argentino Atilio Boron ha condannato la (post-) democrazia liberale di USA e UE considerandola non solo un mero formalismo decisionale svuotato di contenuti politici emencipatori, ma ha pure negato la possibilità di riformarla dall’interno. L’ambasciatore cubano invece – oltre a dare enfasi alla centralità del Partito Comunista come conditio sine qua non di ogni processo di riforma del socialismo – ha colto due questioni secondo lui strategiche: il primo è che Cina e Cuba devono insistere unite sull’efficienza dei rispettivi sistemi accademici e di ricerca (ad esempio nel campo vaccinologico) per raggiungere una sempre maggiore sovranità anche intellettuale. Il secondo punto, ad esso legato, è la sfida ideologica: gli USA hanno lanciato una guerra non convenzionale contro la democrazia socialista cubana e cinese e per condurla usano i social network con cui stanno manipolando le nuove generazioni, ci vuole quindi una nuova narrazione socialista e una maggiore sovranità tecnologica dei paesi.

CONDIVIDI