Nel servizio di Falò trasmesso dalla RSI il 28 aprile 2022 il giornalista Oscar Acciari ha rivelato una situazione gravissima ricostruendo la prima vera indagine sulle irregolarità al cantiere AlpTransit del Monte Ceneri. Sono state raccolte sia testimonianze di lavoratori distaccati che dichiarano doppi turni fino a 16-20 ore consecutive senza pause, comprovate pure dalla testimonianza della ex dipendente Ursula Rasper della centrale di comando di cantiere, che vedeva quotidianamente entrare e uscire gli operai, purtroppo molto spesso alcuni di essi non terminavano il turno dopo 8 ore, ma molto più tardi, anche il giorno seguente.
Sembra che l’inchiesta di Falò abbia raccolto più prove rispetto agli inquirenti in 3 anni e mezzo, che alla luce di decine di denunce al Ministero pubblico in un primo comunicato scrivono: “sta valutando ulteriori atti istruttori”, una rivelazione secondo il parere dell’avv. Padlina quantomeno sorprendente e imprudente. Così facendo si avvisano gli indagati dell’imminente intervento, con rischio di vanificare un’operazione come questa che non deve essere assolutamente preannunciata per poter scongiurare l’eliminazione di prove. Ci è chiara la separazione dei poteri, constatiamo però alcuni problemi prettamente politici:
• La prioritarizzazione del diritto del lavoro nell’attività giudiziaria;
• La fuga di notizie nei due comunicati stampa del Ministero Pubblico;
• L’impotenza del Ministero Pubblico a causa della sottodotazione di mezzi e persone e di competenze specifiche nel campo sia della mafia, sia del diritto del lavoro.
Non di meno esprimiamo alcune perplessità sulla direzione della polizia giudiziaria, non si può infatti negare l’interesse pubblico alla definizione delle priorità repressive e delle tecniche inquisitorie da adottare.
Risulta davvero difficile credere che non vi siano i mezzi necessari per interrogare le persone che hanno denunciato la situazione, come ad esempio la ex-dipendente di GCF, una testimonianza chiave che sarebbe decisiva se incrociata con quella degli operai. Il Procuratore generale Andrea Pagani asserisce che è da verificare l’attendibilità delle dichiarazioni dei testimoni, sebbene ogni operaio sia munito di un dispositivo GPS che permette di individuarlo in ogni momento della sua giornata lavorativa, essenziale in caso di incidente grave nel tunnel.
Inoltre l’Ispettorato del lavoro ha sentito diverse persone coinvolte in modo diverso sul cantiere e quindi informate dei fatti; come ad esempio Roberto Garilli, sentito dall’ispettorato del lavoro in via informale, ma mai interrogato dal Magistrato pubblico, così come non è avvenuto nemmeno per Raffaele Forcella, direttore operativo del cantiere.
In un secondo comunicato stampa il Ministero pubblico dimostra ancora una potenziale enorme debolezza per la fuga di notizie derivata dal coinvolgimento della commissione paritetica nell’indagine, notoriamente formata da esponenti del padronato, quindi parte in causa. Simili azioni possono essere capaci di inficiare irreparabilmente un’indagine. Da una testimonianza si viene a sapere che “una retata se l’aspettavano tutti”, ma questa è avvenuta solo il 4 giugno 2019 a lavori quasi conclusi, quando c’erano ormai pochi lavoratori di GCF e 8 mesi dopo le prime denunce.
Come esempio delle limitate risorse a disposizione, il magistrato titolare Andrea Pagani intervistato da Falò, ammette che in un interrogatorio importante ha dovuto chiedere aiuto ai colleghi, impiegandoli per un giorno e mezzo di preparazione più un giorno di interrogatori paralleli, paralizzando quasi l’operatività della magistratura. La situazione esposta si scontra con la posizione del Consiglio di Stato sull’iniziativa “Istituzione di un Tribunale del lavoro” del Partito Comunista del 2017. Allora il governo affermava che il Tribunale unico è preferibile “anche per evitare la frammentazione dell’apparato giudiziario”, oltretutto la creazione di Tribunali specializzati sarebbe più onerosa finanziariamente rispetto ai benefici tangibili sulla trattazione dei contenziosi, la lotta agli abusi, che addirittura secondo la risoluzione governativa n. 2742 del 13 giugno 2018 danneggerebbe l’immagine delle Preture, “che operano in maniera efficiente”.
Visto quanto sopra poniamo le seguenti domande:
1) La fase investigativa di polizia, secondo Andrea Pagani, non deve essere troppo lunga, in modo da permettere al magistrato di aprire la fase istruttoria. Era quindi già possibile dopo l’incidente del 2017 passare a questa seconda fase sotto l’egida del procuratore pubblico?
2) In fase investigativa sono stati richiesti i dati GPS delle tute degli operai, che dovrebbero essere messi a disposizione dalla Commissione paritetica svizzera d’applicazione edilizia e genio civile (CPSA)?
3) È quindi possibile che per i casi importanti, segnatamente per le questioni di diritto del lavoro in un cantiere di rilevanza internazionale, non vi siano le forze necessarie nemmeno per un’operazione coordinata su due giorni?
4) In che modo e con quale esito sono intervenuti ad oggi l’Ispettorato del Lavoro e l’Ufficio per la sorveglianza del mercato del lavoro? Considerato quanto esposto, s’intendono ulteriormente approfondire le verifiche e i controlli da parte di tali autorità sul cantiere?
5) Se davvero i due magistrati in più non sembrano essere sufficienti, allora perché non valorizzare e intensificare la collaborazione tra Ispettorato del lavoro e Ministero pubblico?
6) La presa di posizione della Polizia cantonale menziona la documentazione e archiviazione corretta del rapporto dell’infortunio del 2017, che avrebbe dovuto destare fin da subito sospetti fondati per avviare la fase istruttoria. Corrisponde al vero che il rapporto di polizia con le dichiarazioni originali rilasciate dall’operai ferito (e non con una semplice microfrattura) sia andato perso?
7) Prendiamo atto che, benché GCF sia nota alla giustizia in Danimarca e sia sotto la lente della Commissione distrettuale antimafia di Milano, in Canton Ticino non è ancora arrivata davanti ad una corte. Si ritiene che queste tempistiche siano particolarmente lente?
8) Il Partito Comunista aveva promosso un’iniziativa parlamentare generica per l’istituzione di un tribunale del lavoro, respinta con l’argomentazione della mancanza di casi specifici per un tribunale ad hoc. Il Gran Consiglio si è anche chinato nel 2020 sulla mozione dei colleghi Fonio e Jelmini per la creazione di una Sezione del lavoro all’interno della Magistratura e della Polizia, poi ritirata. A fronte del caso esposto in precedenza non ritiene il Consiglio di Stato di ritornare sulla sua posizione?
Lea Ferrari e Massimiliano Ay, deputati del Partito Comunista