La guerra in corso in Ucraina va letta come uno scontro epocale che vede il sistema atlantico a guida statunitense confliggere con l’emergere di un nuovo ordinamento multipolare con focus nell’area eurasiatica. L’Unione Europea, contro i propri stessi interessi strategici, si è finora piegata ai diktat degli Stati Uniti, fomentando l’escalation del conflitto. Persino la Svizzera ha rinunciato alla propria neutralità adottando sanzioni le cui conseguenze saranno anzitutto pagate dai lavoratori del nostro Paese.
Non ci deve però sfuggire che l’obiettivo di lungo corso dei governi occidentali è mettere alle strette la Cina! Ci possiamo quindi attendere che nella regione dell’Indo-Pacifico vi saranno tentativi di colpi di Stato (sotto forma di “rivoluzioni colorate” oppure di golpi istituzionali) se non addirittura delle operazioni militari (o terroristiche?) sotto falsa bandiera che permettano alla NATO e agli USA di giustificare l’estensione della guerra. In quel caso la Svizzera, riconoscendo questo rischio, dovrà evitare di schierarsi senza prima attendere l’esito di inchieste indipendenti e plurali.
Oltre alla svolta bellicista dei governi socialdemocratici dei paesi nordici e più che le recenti irresponsabili parole su Taiwan del presidente americano Joe Biden (che negano il principio dipomatico di “Una Cina”), particolarmente pericolose sono le dichiarazioni dei governi di Giappone, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti con cui si condanna il patto difensivo per la sicurezza sottoscritto recentemente dalle Isole Salomone e della Repubblica delle Kiribati con la Cina, definiti “seri rischi per un Indo-Pacifico libero e aperto”. Libero e aperto, secondo il vocabolario americano, evidentemente è solo quando il territorio è sotto il controllo della NATO.
I rischi di un allargamento del conflitto tramite operazioni “false flag” non possono essere esclusi.
Il Partito Comunista rivendica quindi:
- il ritorno a una stretta neutralità da parte della Confederazione con la fine della cooperazione del nostro esercito con alleanze militari offensive come la NATO;
- la sospensione dell’acquisto degli aerei da guerra F-35A (progettati con vincolo tecnologico americano) fino almeno al voto popolare;
- la messa a disposizione dei nostri buoni uffici per favorire una soluzione diplomatica del conflitto in Ucraina che preveda la fine della forsennata corsa agli armamenti cui stiamo assistendo.
- La rinuncia ad ospitare a Lugano la conferenza per la “ricostruzione”, in realtà per la colonizzazione dell’Ucraina tramite le multinazionali, il Fondo Monetario Internazionale e la NATO.
- Il rafforzamento (tramite adesione individuale) del Movimento Svizzero per la Pace e, per i giovani coscritti dell’esercito svizzero (ormai controllato dalla NATO) la richiesta di passaggio al Servizio Civile come previsto dalla legge.