Che Zelensky – impegnato a reprimere la sinistra e a incarcerare i comunisti ucraini oltre che a favorire le riforme economiche neo-liberali nel suo Paese – non potesse presentarsi di persona a Lugano era ovvio, ma il governo svizzero ha voluto fomentare questa narrazione per giustificare la tenuta di una conferenza in cui solo banchieri, imprenditori americani, oligarchi ucraini e rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale si potessero dare appuntamento a spese dei cittadini per spartirsi la torta della ricostruzione di stampo neo-coloniale dell’Ucraina (occidentale).
Persino i paesi UE non hanno ritenuto utile scomodare i propri ministri ed hanno inviato a Lugano perlopiù diplomatici di terzo rango a dimostrazione del flop della nuova politica estera svizzera di sudditanza agli USA.
Come se non bastasse l’esistenza del WEF di Davos, ora ci siamo dovuti accollare le spese di un altro inutile summit a Lugano, che non contribuisce però minimamente alla de-escalation del conflitto, visto che la pace la sia fa in due e a Lugano era invitata solo una parte. Un evento, questo, che ha pure visto la mobilitazione di 1’600 soldati di leva svizzeri (cioè inadeguati a questo genere di compiti di sicurezza!) a cui aggiungere un numero elevato anche di militi della Protezione civile e funzionari di polizia con costi esorbitanti per la collettività.
Senza contare le minacce fatte trapelare dalla Società svizzera degli ufficiali secondo cui a Lugano poteva scapparci anche l’incidente ad opera di presunte spie russe. Uno scenario di insicurezza e di allarme che per fortuna non si è verificato e di cui il popolo svizzero ne avrebbe fatto a meno: ci troviamo di fronte a un Consiglio federale che sembra aver per missione quella di indebolire la credibilità internazionale della Svizzera con pressappochismo e ridicola grandeur americana: occorre per questo unire le forze – da sinistra a destra – per contrastare chi intende abolire la neutralità svizzera e spingerci nell’UE e nella NATO.