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Si è svolto sabato mattina a Kunming l’11° Forum Internazionale sui Movimenti Comunisti ospitato dall’Università dello Yunnan e promosso dall’Istituto di Marxismo dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali (CASS) alla presenza di numerosi accademici cinesi ma anche dei due paesi socialisti confinanti: Vietnam e Laos. Per l’occasione sono stati invitati – collegati in videoconferenza – anche alcuni esponenti marxisti europei fra cui il segretario politico del nostro Partito, il compagno Massimiliano Ay che era per l’occasione assistito dal compagno Sébastien Travaglini.

 

Il seminario di quest’anno si intitolava “The world socialist movements and chinese path to modernization under profound changes unseen in a century”, un tema approfondito da più punti di vista da una ventina di relatori, fra cui il prof. Xin Xiangyang, presidente della CASS; il prof. Guo Qiang, decano di facoltà presso la Scuola quadri del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC) e il prof. Li Shenming, direttore del Centro cinese di ricerca sul socialismo mondiale (WSRC). Quest’ultimo in particolare ha insistito su due aspetti: anzitutto che se il capitalismo atlantico è oggi entrato nella sua fase decadente, anche il socialismo deve fare un salto di qualità ipotizzando una prospettiva di crescita nei prossimi trent’anni; e in secondo luogo che è illusorio immaginare che il sistema atlantico possa sopravvivere nonostante le “proxy war”, ossia le guerre per procura che la NATO intende scatenare nel mondo.

Nella sua relazione il nostro segretario politico ha sottolineato come la transizione al multipolarismo comporterà stravolgimenti non solo geopolitici ma anche culturali e sociali e che, anche per questo, il PC insiste da un lato sulla necessità per la Svizzera di restare neutrale e indipendente e dall’altro sulla necessità per i comunisti europei di uscire da una forma mentis basata sul “minoritarismo” tipica di un’estrema sinistra inconcludente. Ay ha avvertito che i problemi economici sono esacerbati dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni alla Russia e che questo crea le basi per un’intensificarsi del conflitto di classe, proprio come si nota in Francia in questi giorni. Le turbolenze sociali che si vivranno in Occidente portano con sé da un lato il rischio di una torsione autoritaria e anti-comunista (che va di pari passo con l’aumento della sinofobia) ma dall’altro anche nuove opportunità per una sinistra che si sappia riconnettere con la classe operaia e le fasce popolari uscendo dall’intellettualismo.

Dal canto suo il compagno Robert Griffith, segretario generale del Partito Comunista britannico ha descritto il suo recente viaggio in Cina e il compagno Gyula Thürmer, presidente del Partito dei Lavoratori di Ungheria ha voluto toccare tre questioni: anzitutto ha sollecitato un maggiore coordinamento internazionalista fra i partiti marxisti, poi ha tracciato un paragone storico fra la costruzione del socialismo in Europa dell’Est e in Cina e ha infine svolto un’analisi comparativa fra la modernizzazione socialista in Cina e la modernizzazione capitalista in Ungheria. Il compagno Francesco Maringiò, membro del Comitato Centrale del PCI ha promosso infine dato una lettura del processo di modernizzazione della Repubblica popolare cinese con le chiavi di lettura del teorico marxista italiano Antonio Gramsci.

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