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Il 9 giugno saremo chiamati a votare sulla modifica di Legge dell’Istituto previdenziale del Canton Ticino (IPCT), con cui si vuole mitigare la riduzione scalare del tasso di conversione dal 6.17% al 5.25% attraverso un aumento dei contributi del 3%, di cui il 2.2% a carico dei datori di lavoro (per il Cantone pari a una spesa annua di 14.6 mio di franchi) e lo 0.8% degli assicurati. In caso di accettazione della riforma, l’IPCT stanzierebbe inoltre quasi 300 milioni di franchi nei prossimi 40 anni per limitare l’ammanco pensionistico. Sebbene anche le lavoratrici e i lavoratori saranno chiamati a contribuire maggiormente alla cassa pensioni del Cantone con un maggiore prelievo sui salari, queste misure di compensazione sono reputate – nell’attuale contingenza storica, politica e sociale – accettabili dal Partito Comunista.

La modifica di legge è il frutto di un compromesso raggiunto dai sindacati con il Consiglio di amministrazione dell’IPCT e il Consiglio di Stato ed è da considerarsi – con gli attuali rapporti di forza vigenti – necessaria: si tratta infatti di evitare nell’immediato il fenomeno del dumping pensionistico e impedire che le rendite, dopo il recente passaggio dal primato delle prestazioni a quello dei contributi, crollino quasi del 40% nell’arco di un solo decennio. Qualora questo compromesso non fosse stato raggiunto, ci troveremmo attualmente confrontati con una riduzione del 15% delle rendite. Tuttavia, grazie al lavoro dei sindacati e delle mobilitazioni dei dipendenti pubblici e para-pubblici, è stato possibile costruire un rapporto di forza e trovare una soluzione pragmatica che limitasse questa riduzione delle rendite al 2%. Benché il Partito Comunista sia cosciente della problematicità dell’intero dispositivo pensionistico classista basato sul sistema dei tre pilastri, la salvaguardia delle pensioni è una misura a cui non ci si può attualmente sottrarre.

Un atto di responsabilità e un compromesso pragmatico, resosi necessario dunque per evitare il peggio. In un contesto socio-economico pauperizzato dalla riduzione del potere d’acquisto per via dell’attuale situazione internazionale, una riduzione significativa delle rendite pensionistiche rappresenterebbe un ulteriore “mazzata” sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori, oltre che sollecitare maggiormente l’apparato di sicurezza sociale dello Stato.

Per queste ragioni, il Partito Comunista oltre che a chiamare la popolazione ticinese a votare “SI” alla modifica di legge dell’istituto previdenziale cantonale, rinnova il suo invito a rafforzare le organizzazioni sindacali, affinché si possa energicamente contrastare l’erosione del potere d’acquisto, spostare i rapporti di forza a favore degli interessi della popolazione salariata e migliorare le condizioni di lavoro e pensionistiche delle lavoratrici e dei lavoratori, sia nel settore pubblico che privato.

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