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Il prossimo 9 giugno saremo chiamati a esprimerci sull’iniziativa popolare ‘‘Per la libertà e l’integrità fisica’’, lanciata dal Movimento per la Libertà Svizzera durante la pandemia di COVID-19. I promotori richiedono di integrare nella Costituzione un nuovo art. 10 cpv. 2bis, per cui ‘‘gli interventi nell’integrità fisica o psichica di una persona necessitano del suo consenso e ‘‘la persona interessata non può essere punita né subire pregiudizi sociali o professionali per aver rifiutato di dare il suo consenso’’.

Diversamente forse dallo scopo dichiarato dagli stessi iniziativisti, evidenziamo anzitutto che la disposizione proposta presenta anche dal profilo formale un tenore eccessivamente ampio e indefinito. Ben lungi dal limitarsi unicamente all’obbligo vaccinale in senso ampio, il testo dell’iniziativa si riferisce infatti approssimativamente a qualsivoglia intervento sul corpo umano ascrivibile allo Stato.

All’apparenza, la riforma potrebbe interessare provvedimenti rientranti nel campo delle immissioni (ad es.: rumori dovuti a eventi organizzati da enti pubblici), del contatto (ad es.: prelievo di campioni vari da parte delle autorità), delle misure assistenziali (ad es.: trattamento e ricovero coatto), delle misure di polizia (ad es.: fermo e arresto), del diritto degli stranieri (ad es.: collocamento e rinvio coatto), del trattamento medico (ad es.: vaccinazione obbligatoria per bambini contro vaiolo e difterite), ecc.

Non si può tuttavia ragionevolmente supporre che la nuova disposizione prevalga in ogni ambito sulla ponderazione degli interessi prevista dall’art. 36 Cost., il quale permette a determinate condizioni (base legale, interesse preponderante e proporzionalità) una restrizione dei diritti fondamentali. In generale, il requisito del consenso esplicitato dall’iniziativa è pertanto già inerente al diritto alla libertà personale (art. 10 cpv. 2 Cost.), senza che ciò comporti una deroga generale all’applicabilità dell’art. 36 Cost.

Data la chiara volontà degli iniziativisti, si dovrebbe comunque presumere che l’iniziativa si applichi, in modo incondizionato, all’obbligo vaccinale e alla distinzione in base allo stato vaccinale. Per gli altri interventi nell’integrità di una persona, seppur sempre ammissibili (art. 36 Cost.), sarebbe invece possibile attendersi un’attuazione più severa del principio di legalità e di proporzionalità. Delineare una previsione sugli effetti di una simile proposta, tuttavia, appare oggi un esercizio complicato e ambizioso.

Gettate queste doverose premesse, constatiamo come l’iniziativa veicoli una visione oltremodo individualista e antistatalista, tendente a sopraelevare la sfera individuale rispetto a quella pubblica. Da questa prospettiva, l’enfasi conferita alla libertà personale potrebbe oggettivamente tradursi anche in una limitazione delle prerogative delle istituzioni pubbliche e in una sponda alla vulgata neoliberale. Non può infatti sfuggirci che, pur con tutte le contraddizioni, il ruolo riequilibratore dello Stato da noi auspicato non può che esercitarsi grazie anche a una necessaria restrizione dei diritti fondamentali. Ne consegue che, dato il suo tenore generale, l’iniziativa presenta rischi e interrogativi non trascurabili.

D’altra parte, non può mancare una profonda riflessione sull’impatto che l’acuirsi delle tensioni a livello nazionale e internazionale sta avendo sulle garanzie liberal-democratiche nell’Occidente capitalista. In questo senso, come indicato ad esempio dalla recente repressione sionista nelle università svizzere, dalla fin troppo emergenziale modifica della legge COVID-19 e dal clima bellicista che si può respirare anche in alcune testate locali, è possibile intravedere il pericolo di una crescente torsione autoritaria della società. In questo contesto, una maggiore ingerenza statale non può sempre essere considerata di per sé progressiva, ma richiede al contrario di essere fermamente arginata nei suoi eccessi. Ora, pur con le riserve sopra esposte, l’approvazione dell’iniziativa potrebbe anche andare in questa direzione.

Quanto all’obiettivo specifico espresso dagli iniziativisti, occorre inoltre rilevare che, anche in caso di regime di vaccinazione obbligatoria, ad oggi non può essere somministrato un vaccino in assenza di consenso. Sebbene da questo profilo l’iniziativa non appaia determinante, essa permette tuttavia di affrontare in maniera chiara una misura controversa e delicata come quella del Certificato COVID. A proposito di questo tema, rinviamo alla precedente risoluzione del Comitato Centrale del 18 settembre 2021 dal titolo ‘‘Il Certificato COVID non diventi uno strumento politico che divide i lavoratori!’’.

Alla luce del tenore particolarmente ampio dell’iniziativa, il quale, se da un lato rischierebbe di limitare un necessario intervento pubblico nella vita sociale del Paese, dall’altro creerebbe i presupposti per arginare una pericolosa compressione degli spazi di agibilità democratica, il Partito Comunista invita a un’attenta ponderazione degli argomenti esposti e accorda la libertà di voto sull’iniziativa in oggetto: riaffermiamo insomma l’importanza di uno Stato riequilibratore, ma contrastiamo le torsioni autoritarie!

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